Di molti cocktail e di molti distallati l’origine è a volte ignota, a volte plurima, ma per quanto riguarda il gin tonic è tutta un’altra storia. Gli ingredienti che lo compongono sono molto ben documentati. In primo luogo perché sia il gin sia la tonica sono stati inventati da medici, soliti tenere un registro abbastanza completo. Il gin, o più precisamente “jenever” (che significa ginepro in olandese), è stato sviluppato presso l’Università di Leiden in Olanda nel 1650 dal medico Franciscus de la Boe (Dr. Sylvius). Egli era un pioniere della medicina dell’epoca e stava cercando un modo per far assimilare ai suoi pazienti tutti i presunti benefici che la bacche di ginepro dovrebbero avere per la circolazione sanguigna. Dopo aver provato vari intrugli, unì il ginepro con diverse altre erbe, sospese tutte in un distillato chiaro, e presentò al mondo questo distillato. Ben presto i suoi benefici medicinali vennero trascurati in favore dei suoi effetti più deleteri. A quel punto, nel 17° secolo, la Repubblica olandese protestante (composta da Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) era riuscita a dividersi dall’Impero cattolico spagnolo . Anche l’Inghilterra era diventata legalmente protestante nel secolo precedente e durante la complicata lotta tra cattolici e protestanti gli olandesi e gli inglesi divennero alleati. E, come a volte fanno gli alleati, presto condivisero i loro viveri, uno dei quali fu proprio il jenever.
Gli inglesi definirono il distillato fortificante “coraggio olandese” e iniziarono a produrne la propria versione, chiamandola dapprima con la parola fiamminga “genever”, accorciandola poi con la parola “gen” che infine divenne “gin”.
Inghilterra e Scozia vennero unite nella Gran Bretagna e questi nuovi “British” crearono tre diversi stili di gin. Una versione edulcorata chiamato Old Tom, e due in stile “dry”, secco, il London Dry e il Plymouth.
Negli stessi anni in cui de la Boe stava lavorando in Olanda, i coloni spagnoli nel Nuovo Mondo scoprirono che gli indigeni usavano corteccia dell’albero Cinchona per trattare la febbre. I gesuiti la portarono in Europa per trattare i malati di peste.
Nel 1736 gli inglesi scoprirono le reali proprietà della corteccia di chinchona. Quando il Dr. George Cleghorn, chirurgo al 22 ° reggimento del Esercito Reale, arrivò sull’isola di Minorca per fare delle ricerche sulle malattie del Mediterraneo, capì che essa era molto efficace per il trattamento della malaria.
Anche se la causa principale della malaria (ovvero le zanzare) rimase ignota ancora per molto tempo, almeno la cura funzionò abbastanza e il dottor Cleghorn cominciò a portare il suo “tonico” al chinino ovunque andasse l’Esercito Reale.
E così, nei secoli successivi, si diffuse in tutto il mondo.
Nel frattempo, nel 1794, il chimico tedesco Johann Jacob Schweppe aveva cominciato a produrre soda per scopi medicinali nel suo negozio di Bristol, in Inghilterra. Unì l’anti-malarica “acqua tonica” con dolcificante e anidride carbonica, creando il primo moderno “soft drink”. I
l pezzo finale del puzzle arrivò nel tardo 18° secolo, quando gli inglesi intrapresero la conquista dell’India, prima con la Compagnia delle Indie Orientali e poi con l’ Esercito Reale. Con loro c’erano il gin e la tonica inglesi. Lungo la strada anche il lime entrò nell’equazione.
Nel 1747 il chirurgo dell’Esercito Reale James Lind aveva scoperto che una carenza di vitamina C era la responsabile di una terribile malattia dei marinai, lo scorbuto.
Come risultato della sua ricerca, i lime, ricchi di vitamina C, divennero obbligatori sulle navi da guerra inglesi e da ciò i marinai vennero chiamati in modo dispregiativo “limeys”.
Proprio nel subcontinente indiano, dall’unione delle tre medicine, nacque il gin tonic: gin per il coraggio, tonico per la malaria, e lime per lo scorbuto.